martedì 12 maggio 2009

IMPERATIVO CATEGORICO

L’azione morale non può, dunque, avere ragioni esterne, ma deve essere autonoma: è un senso interno del dovere morale che la muove. Una azione giusta va fatta perché è giusta, per senso del dovere, non per benefici che ne possiamo trarre. Va fatta per imperativa categorico. Cioè l’ obbligazione morale che abbiamo dentro di noi in quanto essere razionali; un a priori ( una “regola prima delle azioni”) universale. L’imperativo categorico ( concetto fondamentale dell’etica kantiana) viene formulato in diverse maniere, ma è sostanzialmente unitario; è un principio formale ( non riguarda le singole azioni, il loro specifico contenuto) ed universale ( cioè valido in ogni circostanza).
La sua formulazione principale è la seguente: “ Agisci unicamente secondo quella massima in forza della quale tu puoi volere nella stesso tempo che essa divenga una legge universale”. Come vedi non si prescrive questa o quella azione, ma come determinare la propria volontà e fornisce al tempo stesso un criterio per decidere circa la moralità di una azione, legandola a un principio generale. In parole molto povere di fronte a una azione dobbiamo chiederci se essa , o meglio i criteri con cui operiamo con essa, possono essere criteri universali, cioè validi per tutti. O, ancora banalizzando dobbiamo rispondere razionalmente alla frequente domanda: Se tutti facessero come te, cosa succederebbe?- leggi la lettura kantiana a pag. 775
Un’altra formulazione dell’imperativo categorico è la seguente. “ Agisci in modo da trattare l’umanità, tanto nella tua persona quanto nella persona di ogni altro, sempre nella stesso tempo come fine, mai come mezzo”. Infatti nessun fine che sia dato come oggetto esterno può essere assunto come fondamento della moralità. Dunque l’unico fine chè può essere moralmente proposto è l’uomo stesso come valore assoluto. Per fare un possibile esempio brutale ( anche qui Kant mi perdoni) “ si lavora per vivere, non si vive per lavorare”: il fine deve essere sempre l’uomo, non qualcosa esterno all’uomo.-
Un terza formulazione: agisci in modo tale che “la tua volontà possa, in forza della sua massima, considerare sé stessa come come istituente nello stesso tempo una legislazione universale” cioè la tua volontà sia autonoma, legge a se stessa

STATO DI NATURA

Lo spazio non è un concetto empirico, proveniente da esperienze esterne. Infatti, affinché certe sensazioni siano riferite a qualcosa fuori di me (ossia a qualcosa che si trovi in un luogo dello spazio diverso dal mio), e affinché io possa rappresentarmele come esterne e accanto l'una all'altra - e quindi non soltanto come differenti ma come poste in luoghi diversi - deve già esserci a fondamento la rappresentazione di spazio. Conseguentemente, la rappresentazione dello spazio non può derivare, mediante l'esperienza, dai rapporti del fenomeno esterno; al contrario, l'esperienza esterna è possibile solo in virtù di detta rappresentazione.

Lo spazio è una rappresentazione a priori, necessaria, che sta a fondamento di tutte le intuizioni esterne. Non è possibile farsi la rappresentazione che non ci sia spazio, mentre si può benissimo pensare che non ci sia in esso alcun oggetto. Lo spazio va pertanto considerato come la condizione della possibilità dei fenomeni e non come una determinazione da essi dipendente; ed è una rappresentazione a priori, che sta necessariamente a fondamento dei fenomeni esterni.


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Immanuel Kant

Il diritto internazionale deve essere fondato su un federalismo di liberi


In questo famoso scritto il grande filosofo tedesco intende proporre sotto forma di un vero e proprio trattato di politica internazionale la possibilità di instaurare uno stadio nuovo della storia dell’umanità: quello della pace perpetua appunto. Kant prende le mosse dalle tesi del giusnaturalismo e del contrattualismo secondo cui lo stato nasce per salvaguardare la vita degli uomini che nello stato di natura sarebbe costantemente a rischio, dato che tutti possono esercitare la violenza contro tutti. Nello stato di diritto, invece, ognuno cede il proprio diritto alla forza al potere dello stato, il quale lo usa per garantire la vita e i beni di ognuno. In maniera analoga, anche se non identica, si potrebbe creare un organismo che leghi i singoli stati nazionali, senza però annullarli in un Super-stato, una “federazione di popoli” la definisce Kant, che assuma il controllo dell’uso della forza, esercitando una nuova forma di diritto capace di mettere in atto la fine di tutte le guerre.
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I popoli, in quanto Stati, possono essere considerati come singoli individui che, vivendo nello stato di natura (cioè nell’indipendenza da leggi esterne), si ledono a vicenda già per il solo fatto della loro vicinanza e ognuno dei quali, per la propria sicurezza, può e deve esigere dall’altro di entrare con lui in una costituzione analoga alla civile, nella quale può venire garantito ad ognuno il proprio diritto.
Questa sarebbe una federazione di popoli, che non dovrebbe però essere uno Stato di popoli. In ciò vi sarebbe infatti una contraddizione, poiché ogni stato implica il rapporto di un superiore (legislatore) con un inferiore (colui che obbedisce, cioè il popolo), mentre molti popoli in uno Stato costituirebbero un sol popolo : il che contraddice il presupposto (poiché qui noi dobbiamo considerare il diritto dei popoli tra loro in quanto essi costituiscono altrettanti stati diversi e non devono confondersi in un solo ed unico Stato). (…)
Da ciò deriva la necessità di un’associazione di natura speciale, che si può chiamare lega della pace (foedus pacificum), distinta dal patto di pace (pactum pacis) in ciò che quest’ultimo si propone di porre termine semplicemente ad una guerra, quello invece a tutte le guerre e per sempre.
Questa lega non mira a procacciare potenza ad uno Stato, ma solo alla conservazione e alla sicurezza della libertà di uno Stato per sé e ad un tempo per gli altri Stati confederati, senza che a questi sia con ciò lecito sottomettersi (come gli individui nello stato di natura) a leggi pubbliche e ad una coazione reciproca.
E’ possibile descrivere l’attuabilità (realtà oggettiva) di questa idea federalistica che deve gradualmente estendersi a tutti gli Stati e portare così alla pace perpetua: se infatti la fortuna volesse che un popolo potente e illuminato possa costituirsi in repubblica (la quale per sua natura deve tendere alla pace perpetua), allora si avrebbe in ciò un nucleo dell’unione federativa per gli altri Stati, che sarebbero indotti ad associarsi ad essa, a garantire così lo stato di pace tra gli Stati, in conformità all’idea del diritto internazionale e ad estendersi sempre più mediante ulteriori unioni della stessa specie.